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Per Aspera Ad Veritatem n.14
Intervista all'autore: Cristina de Maglie

L'agente provocatore. Un'indagine dommatica e politico-criminale - A. Giuffrè Editore, Milano, 1991





D. - La parte prima del Suo libro è dedicata ad un approfondimento di diritto comparato della figura dell'agente provocatore. A Suo avviso, quali ordinamenti hanno meglio interpretato e disciplinato la materia ai fini del perseguimento ottimale delle esigenze investigative ed informative?

R. (de Maglie) - Il sistema tedesco rappresenta l'osservatorio privilegiato per un'indagine sull'agente provocatore nella prospettiva comparatistica.
Tralasciando la complessa evoluzione della problematica sul piano dommatico, l'attenzione punta sulle leggi contro la criminalità organizzata varate negli anni 90. Viene qui formalizzata una figura di "investigatore coperto o segreto'' destinato ad operare nei settori criminosi del traffico di stupefacenti e di armi, della falsificazione di monete o di titoli, nonché dei reati contro la personalità dello Stato. L'investigatore coperto appartiene necessariamente al servizio di polizia e deve svolgere l'intera attività investigativa sotto mentite spoglie. Questo aspetto ha una rilevanza sul piano sostanziale (per fornire una copertura formale all'agente nel compimento di negozi giuridici; es. acquisto di autoveicoli, locazioni di immobili) e sul piano processuale: vi è connessa la possibilità, prevista in modo espresso dalla legge, di evitare la testimonianza diretta dell'agente provocatore nel procedimento concernente i fatti da lui accertati. Nel dibattimento l'escussione diretta è sostituita da una testimonianza del reato, la cui fonte, anche negli atti processuali, corrisponde all'identità fittizia e non alla reale.
L'impiego dell"'investigatore segreto" è per legge consentito in via sussidiaria, cioè "solo nei limiti in cui il chiarimento dei reati con altri strumenti sarebbe vano o reso seriamente più difficile" e deve essere previamente autorizzato dal pubblico ministero. Infine, è sostanzialmente in bianco la tipologia delle condotte (istigatorie; agevolatrici; favoreggiatrici - omissive piuttosto che favoreggiatrici - attive; di partecipazione diretta) che l'autorizzazione giudiziale può coprire e che risulteranno, dunque, scriminate.

D. - Prendendo in esame il quadro normativo italiano, il dott. Maddalena, nell'intervista pubblicata su questo numero della Rivista, delinea una situazione piuttosto carente. Qual è il suo punto di vista in proposito?

R. - Nell'ambito di una riflessione generale sulla responsabilità dell'agente provocatore nel nostro sistema positivo, ho fatto riferimento a suo tempo ad un "disegno a macchie di leopardo" in cui il fondo uniforme è rappresentato dalla regola della punibilità dell'agente provocatore; su tale fondo risaltano, alquanto sporadiche, alcune "macchie" d'impunità di ampiezza diversa, fondate su schemi di soluzione (la scriminante speciale dell'acquisto simulato di droga, le scriminanti speciali tratteggiate dall'art. 12 quater delle misure antimafia del d.l. n. 304/1992, convertito nella L. n. 306/1992, l'adempimento del dovere, il difetto di dolo) che di volta in volta escludono la responsabilità penale dell'agente provocatore sul terreno dell'antigiuridicità, della colpevolezza o della tipicità; sono relativamente più numerose quando a provocare è un pubblico ufficiale, di estrema rarità quando il provocatore è un privato.
Le recenti concessioni legislative alla Realpolitik, dovute probabilmente alla difficoltà di scoprire certi reati con i metodi ordinari, non devono peraltro assolutamente indurre ad abbassare la guardia e a concedere spazi sempre maggiori di liceità all'attiva di partecipazione degli organi dello Stato all'attività delittuosa a fin di bene.
Va ribadito con forza che queste tattiche, quando provengono dal seno stesso di uno Stato sociale di diritto, contrastano con i suoi principi costituitivi, perché lo Stato, attraverso la provocazione, straripa dal governo della legge e lede i diritti fondamentali della personalità. Rispetto all'impiego di agenti provocatori si è da tempo segnalato in dottrina il contrasto con i fondamentali principi della Costituzione: infatti, il principio di legalità impedisce che scopi preventivi siano perseguiti con strumenti diversi dalla pena e dal diritto penale. Questi strumenti possono entrare in gioco solo quando un reato è già stato commesso, al fine di prevenirne di futuri laddove il sistema penale non può entrare in azione per assicurare la prova di un reato ancora da commettere, perché la pena cesserebbe di essere un mezzo, per divenire essa stessa un fine. Inoltre, il principio di colpevolezza impone che ciascuno risponda per sé nella misura del fatto proprio. La compartecipazione dello Stato in una vera e propria manipolazione, sia della realtà esterna, sia nella libera autodeterminazione dell'agente, inquina la condotta del provocato mettendone in dubbio la natura di fatto proprio.

D. - Alla luce delle Sue ricerche, quali ritiene che possano essere le prospettive di innovazione legislativa?

R. - Il ricorso alla provocazione statuale per la sua intrinseca pericolosità, deve essere subordinato a rigorose condizioni ed applicabile solo in casi limitati.
A. Quanto al tipo di norma destinata a disciplinare l'attività provocatoria, dovrà trattarsi di una norma generale, collocata nella parte generale del codice penale.
B. L'attività provocatoria dovrà essere circoscritta ai cosiddetti reati consensuali (stupefacenti, contrabbando, etc.) nonché ai reati contratto (corruzione, etc ).
C. La provocazione al reato, per essere scriminata dovrà provenire solo da un pubblico ufficiale.
D. Quanto ai criteri di applicazione potranno utilizzarsi modelli autorizzativi, già sperimentati all'estero, diretti a vincolare preventivamente l'attività provocatoria.



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